Il territorio

Paolo Nardini

L'assetto del territorio e la condizione mezzadrile

Per definire un quadro dell'assetto del territorio, si può dire che la Maremma propriamente detta, cioè la fascia pianeggiante costiera, nel periodo che precede le grandi trasformazioni sociali, economiche, tecnologiche del XX secolo, è suddivisa in grandi proprietà condotte per la maggior parte a conto diretto. Queste grandi tenute utilizzavano la manodopera eccedente delle zone collinari e montane, per la produzione di cereali e soprattutto grano, oppure concedevano terre in affitto ai pastori provenienti dall'arco appenninico tosco-emiliano.
In montagna la proprietà della terra era fortemente frammentata, ed il suolo era coltivato per lo più direttamente dal proprietario. Il castagneto, l'oliveto nelle zone più basse, e nei campicelli piccole quantità di cereali, orto e frutteto, costituivano la principale attività. Ogni famiglia allevava un maiale ed un vitello da macellare, e si alimenta soprattutto della risorsa più abbondante della montagna: la polenta di castagne.
Appare immediatamente evidente la notevole differenza fra le caratteristiche delle due aree estreme della provincia di Grosseto. Nella pianura litoranea, dove la popolazione era scarsa, le grandi tenute praticavano su vasta scala la cerealicoltura estensiva, richiamando dalla montagna e dalla collina manodopera stagionale. Le zone montane e collinari, invece, erano densamente popolate, ed il terreno scarsamente produttivo. Queste popolazioni, per il proprio sostentamento, oltre ad emigrare stagionalmente in pianura per i lavori della fienagione, della raccolta e trebbiatura del grano, per le lavorazioni del bosco, si dedicavano ad una serie di attività, le une integrative delle altre.
Due economie che si integravano a vicenda: la forza lavoro eccedente in montagna e nelle colline più elevate produceva ricchezza in pianura, mentre l'eccedenza di ricchezza della pianura integrava  scarsamente  le ancor più scarse risorse dei terreni più elevati.
Gli spostamenti stagionali investivano anche i tagliatori del bosco e i carbonai che provenivano dal pistoiese, le famiglie dei pastori dall'Appennino toscoemiliano, e gli altri lavoratori dei campi, potini e "frattaioli" dalle Marche.

Sulle grandi estensioni della pianura e della collina, prima per un naturale sviluppo dell'assetto sociale e fondiario, poi in virtù del progetto governativo di riforma fondiaria (la riforma agraria realizzata per mezzo dell'istituzione dell'Ente Maremma) intorno agli anni cinquanta del ventesimo secolo, il territorio venne frazionato in poderi. I contadini giungevano dalle zone depresse d'Italia, come il Veneto, oppure dall'Appennino.
Nello stesso periodo si realizzò il passaggio da un rapporto di produzione funzionale ad un'economia caratterizzata dalla scarsa circolazione monetaria e da una forte sottomissione dei contadini alla classe padronale (la mezzadria) ad un tipo di rapporto di produzione (la proprietà diretta). Il contadino, non più così fortemente sottomesso al padrone, risentiva fortemente, nel bene e nel male, delle leggi di mercato.

Nella sua forma istituzionale la mezzadria era un rapporto nel quale un concedente, proprietario di un fondo dotato di abitazione, concedeva l'uso dello stesso ad un concessionario, che si impegnava a lavorarlo e ad abitarvi con la famiglia. I frutti erano divisi a metà ed ognuna delle parti godeva di particolari prerogative, come ad esempio il diritto di ricevere in omaggio determinati beni a scadenze stabilite (come il cappone a Natale, l'agnello a Pasqua) per il proprietario, o il diritto di legnatico per il contadino. Naturalmente si comprende come i diritti e le prerogative reciproche dei contraenti non stessero sulle stesso piano, soprattutto da un punto di vista economico.

All'interno del rapporto di mezzadria intervenivano una serie di altri elementi, come ad esempio la pratica dello scambio di lavoro fra famiglie mezzadrili della stessa fattoria, spesso imparentate fra di loro, soprattutto in occasione dei grandi lavori estivi (raccolta e trebbiatura del grano). Oppure l'obbligo per il contadino di conferire un certo numero di giornate lavorative presso la fattoria. In questo caso entravano in gioco una serie di valutazioni del lavoro e della capacità lavorativa a seconda delle diverse categorie di persone. Ad esempio se il lavoro presso la fattoria era svolto da una donna o da un giovane, questo veniva valutato al cinquanta percento rispetto a quello di un uomo.