Eugenio Bargagli

Conoscere Eugenio

di Sandra Becucci
 
imgGuglielmo ... entrò nella bottega e si mise a veder giocare. (..)
Poco dopo arrivò un cantastorie: e ben presto per ascoltarlo smisero tutti di giocare.
Era un bel vecchio con la barba bianca, l'occhio vivace, le mani curate e i modi signorili. Indossava un abito di velluto marrone e calzettoni di lana dello stesso colore.
Cantò la storia del brigante Tiburzi: aveva una vocino esile, e alla fine, di ogni strofa pizzicava le corde della chitarra.
Ci volle quasi un 'ora perché arrivasse in fondo.
Guglielmo e gli altri lo ascoltavano con grande attenzione.
Alla fine gli diedero tutti qualche soldo, e la padrona da bere.
 
Carlo Cassola, II taglio del bosco. BUR 1998 p.23
 
Il cantastorie è uno dei mille mestieri legati all'arte dell'arrangiarsi, dove si vende ciò che si sa fare, o meglio ciò che si ha la passione di fare. Come altri mille mestieri, l'attività del cantastorie ha perso nel corso del '900 la sua funzione e il suo mercato, è stato sostituito da altre forme di intrattenimento sociale.
 
Il cantastorie Eugenio Bargagli esercitando la sua passione per la musica e per i componimenti dal 1945 a oggi ha vissuto i mutamenti di richiesta del mercato. Mutamenti che Eugenio ha saputo interpretare con spirito imprenditoriale affiancando al mestiere del cantastorie la vendita dei foglietti volanti, la vendita di bigiotteria, la vendita di dischi da lui stesso incisi e prodotti. Nei primi anni '60 interpretando le richieste di mercato del periodo Eugenio mette in piedi un orchestra da ballo di successo con la quale ha mantenuto la famiglia. L'iscrizione alla S.I.A.E., come autore e musicista, gli permette ancora oggi di guadagnare qualche soldo dai numerosi componimenti registrati all'albo.   
 
Quando ha deciso di ritirarsi dal lavoro si è ritrovato a riprendere in mano i vecchi attrezzi del mestiere e a fare di nuovo il cantastorie per un pubblico composito: giovani incuriositi dal passato, anziani nostalgici, studiosi e ricercatori della tradizione. 
 
Fra quest'ultimi ci sono anch'io. Il motivo per cui uno studioso intraprende una ricerca, si interessa di un particolare argomento, fa parte della casualità di cui è composta la vita di ogni essere umano. I cantastorie li ho professionalmente incontrati a Santarcangelo di Romagna, al Museo degli Usi e Costumi della Gente di Romagna, dove nella sala sull'abbigliamento troviamo una vetrina con la valigia e un costume di scena (o meglio di piazza) del cantastorie Giovanni Parenti di Modena. La voglia di approfondire l'argomento mi ha portato nella videoteca dello stesso museo dove fra le numerose cassette dei cantastorie ho notato quelle su Eugenio Bargagli di Grosseto. 
 
Ho provato vergogna per la mia ignoranza e ammirazione per il territorio grossetano dove insieme ai maggi, alle befanate e all'ottava rima, esercita ancora la professione un cantastorie. 
 
Conoscere Eugenio è stata un'emozione. E' avvenuto circa tré anni fa in occasione di una serata organizzata dal Museo Etnografico del Bosco e della Mezzadria nell'ambito di un convegno su didattica e antropologia con la sezione di Antropologia Museale dell'AISEA (Associazione Italiana Scienze Etno-Antropologici) . 
 
A parte ciò che ci può essere di estremamente personale nell'incontro con una persona, il fatto che ti ricordi un'altra persona cara sia nella fisionomia che negli atteggiamenti, sono stata colpita dal personaggio, dalla disponibilità e dall'immediata reciproca intesa. Questa sensazione è ampiamente conosciuta dai ricercatori delle discipline delle scienze sociali quando intuiscono di aver trovato la persona giusta, una fonte di conoscenza, una porta aperta sulla cultura. Cultura che frequentemente non è la stessa del ricercatore. Tuttavia non ho mai considerato Eugenio un informatore, ma un professionista molto particolare, che ha l'abilità di proporre elementi di cultura popolare ricontestualizzando il decontestualizzato. Pensiamo solo per quanta gente diversa ha cantato e suonato: mezzadri, boscaioli e braccianti nel primo periodo nelle aie, nelle piazze e nei mercati; coltivatori, operi e impiegati nelle sale da ballo; per insegnanti, ricercatori e turisti nei ristoranti e nelle sale convegni. Funzioni e contesti diversi, portatore di notizie, di allegria e di spensieratezza nel passato, trasmettitore di storia della nostra cultura nel presente. 
 
Eugenio è tornato al Museo del Bosco per un'altra iniziativa organizzata per gli ospiti di un seminario su Cinema e Ambiente, in piena forma, sicuro e padrone della situazione. 
 
Mi sono chiesta più volte: "perché nessuno ha raccolto la sua biografia, il suo repertorio? perché non è ancora stato pubblicato niente su questo straordinario personaggio?" 
 
L'Archivio delle Tradizioni Popolari della Maremma Grossetana ha finalmente deciso di valorizzare e far conoscere il cantastorie Eugenio Bargagli con questo lavoro di Corrado Barontini, che fa parlare lo stesso Eugenio della sua passione per la musica, dei suoi maestri, della propria attività professionale, dei suoi incontri, delle sue scelte. 
 
Abituata a raccogliere informazioni, storie di vita e aneddoti da contadini e pastori, sono sorpresa dalla dinamicità che trapela dalle frasi di Eugenio, che parla di una vita da ambulante con radici ben salde al suo territorio. In effetti egli proviene da una famiglia di mezzadri, dove l'equilibrio demografico doveva essere rispettato per la vita economica familiare; i dati forniti da Eugenio in realtà non sono sufficienti per capire se i figli avrebbero avuto possibilità di proseguire nella conduzione poderale o meno. Lo zio insegnava a suonare a suo fratello maggiore quando Eugenio ha iniziato ad imparare le prime note. Evidentemente per la famiglia Bargagli la musica era importante. visto che anche lo zio suonava; tanto importante da assecondare il figlio contribuendo a sviluppare le sue capacità musicali. Se la madre ha ritirato il figlio dalla scuola prima della terza elementare per mandarlo a lavorare come garzone da un parente, ha poi investito sulle capacità musicali di Eugenio acquistando i primi strumenti musicali, prima l'organino a 48 bassi poi la fisarmonica. E per comprare l'organino Eugenio dice che alla mamma "gli toccò vende i billi"; la madre attinse cioè a quelle risorse economiche, che riusciva ad ottenere con lo scambio e la vendita di quei prodotti derivati dall'allevamento e dalla coltivazione, fuori dal controllo della fattoria e che costituiva per i mezzadri un'importante riserva per emergenze e necessità familiari. 
 
Dal podere alla piazza, dalla famiglia alla folla; anche se la scelta di fare il cantastorie è stata graduale, dopo anni di studio presso diversi maestri di musica, di tirocinio nelle feste delle trebbiature, Eugenio si è allontanato di molto dai ritmi del mondo da cui proviene. 
 
Come ambulante Eugenio ha viaggiato per lavoro a differenza di molti suoi coetanei che sono stati costretti a viaggiare in occasione del servizio di leva. Sempre per lavoro ha intessuto e mantenuto un'ampia rete di relazione con i suoi colleghi sparsi per l'Italia per mezzo dell'Associazione Italiana dei Cantastorie; molti sono i nomi di musicisti incontrati da Aod Sassetti a Francesco Guccini. Molti di questi nomi vengono ricordati per ciò che Eugenio è riuscito ad apprendere da loro; sempre pronto ad imparare e a perfezionarsi; 
 
sempre pronto a comunicare con gli altri le proprie conoscenze, il proprio sapere. Il mondo dei musicisti ambulanti si esprime nel testo come un mondo privo di competizione, pieno di allegria, desideroso di comunicare al suo interno, estroverso e vitale. Riscoperto, rivalutato, sollecitato dal suo giovane collaboratore Davide Vegni, il cantastorie Eugenio Bargagli continua ad esercitare assecondando la passione per questo particolare mestiere. Per piacere e non per necessità, egli è libero di scegliere le occasioni e il pubblico. 
 
Dalle piazze ai convegni di antropologi, dalle osterie ai musei etnografici, dalle sagre di paese ai ristoranti, ogni luogo ha per lui una sua valenza, ogni spazio è buono per "fare allegria". Compresa la casa di riposo dove Eugenio ha un impegno settimanale per far esercitare il suo coro. 
 
Eugenio riesce a comunicare con tutti: giovani, vecchi, ignoranti e studiosi. 
 
Dal sorriso spensierato alla riflessione dello studioso di tradizioni popolari o di etnomusicologia. 
 
Eugenio ha dato e continua a dare molto.