Sora padrona

Sora padronaSòra padrona bongiorno a lei
siamo venuti qua tutt'e sei
ma per firmare 'l nuovo contratto
de' contadini del nuovo patto.
 
Io non lo firmo, tornate via
mi sento male di nevrastenia
questi discorsi male mi fanno
ne parleremo meglio un altr'anno.
 
Ma che le pare sora padrona
noi più s'aspetta e lei ci canzona
già che ci semo lei deve firmare
noi semo stanchi ad aspettare.
 
Se ve lo firmo poi mi rovinate
anche voialtri doppo v'ingrassate
so' la padrona e qui comando io
voi lavorate che 'l podere è 'l mio.
 
Da sei famiglie di contadini
prende sei parti de' suoi quattrini
e noi ciascuno 'na parte sola
lei s'arricchisce e si consola
 
S'alza a le dieci de la mattina
ha ricca mensa e bòna la cantina
co' la balilla se ne va a passeggio
noi si lavora e si sta sempre peggio.
E quando il sole sta per tramontare
noi semo sempre ai campi a lavorare
ma la padrona chinò la testa
gli firmò 'l patto tanto alla lesta.
 
Allor gli crebbe la nevrastenia
mentre i contadini se n'andavan via.
 
 
Questa canzone rappresentativa delle lotte sindacali per i patti agrari sostenute nel '900 venne raccolta nel 1976 dalla voce di Domenico Baffetti di Castell'Azzara (1911-1993). È difficile collocare questo canto in un periodo storico preciso poiché si parla della firma del nuovo patto contrattuale, ma anche della Balilla della "Sora padrona", l'utilitaria della Fiat costruita nel 1932 in pieno periodo fascista. Per questo motivo la canzone dovrebbe essere collocabile nel secondo dopoguerra.