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atpLA PROCESSIONE DI SAN GUGLIELMO
di Paolo Nardini

La Seconda Domenica dopo Pasqua un gruppo di pellegrini, partendo dalla chiesa di Buriano (GR) raggiunge in processione il Romitorio, il luogo dove, secondo la leggenda, si era ritirato, nel primo periodo del suo eremitaggio in Maremma, San Guglielmo. La processione si svolge quasi interamente nei quattro chilometri di bosco che separano il paese dal santuario.

Il sacerdote porta il braccio reliquiario. I pellegrini giunti alla chiesetta partecipano alla celebrazione della messa; successivamente si intrattengovano il tempo necessario a rifocillarsi: mangiando il tradizionale "corollo" o la "schiaccia di pasqua", prima di riprendere la strada del ritorno.

I luoghi, gli oggetti, i gesti, le storie che si raccontano, le semplici allusioni, le formule recitate durante le processioni nei luoghi indicati come visitati dal santo, le pratiche augurali, scaramantiche e curative che si fanno discendere dal suo insegnamento, e più in generale le tradizioni intorno alla figura di San Guglielmo, sono diffusi nelle località che si affacciano nell'antico lago Prile. È l'ampio territorio che separa Castiglione della Pescaia da Grosseto. L'immagine che emerge dall'agiografia e dalle narrazioni di tradizione orale (influenzatesi a vicenda nel corso dei secoli) rimanda, in realtà, a personaggi vissuti in epoche diverse. Ma la tradizione, operando una "sintesi" di persone e di fatti, definisce un San Guglielmo dai tratti ben delineati, e sviluppa un sistema complesso di pratiche e di credenze.

atpÈ certo che un Guglielmo sia realmente esistito, benché mai sia stato oggetto di un processo di canonizzazione. Egli fu il fondatore inconsapevole, della comunità monastica dei guglielmiti, diffusasi dalla Toscana all'Europa, e la cui regola imponeva la solitudine dell'eremitaggio. La tradizione agiografica definisce Guglielmo come un guerriero e un grande peccatore, che, penitente, si sarebbe recato dal papa, inviato in pellegrinaggio al Santo Sepolcro, ed in seguito in un secondo pellegrinaggio a Santiago di Compostela. Si sarebbe ritirato eremita prima nella campagna pisana, e successivamente sui monti di Castiglione. Qui avrebbe avuto dei discepoli ed infine avrebbe trovato la morte.

Alcune delle diverse vite del santo indicano, sotto il saio, la presenza del giacco, la corazza di ferro da guerriero, che avrebbe tenuto per ulteriore penitenza e che gli avrebbe procurato dolorose piaghe sulla carne. L'iconografia cristiana più remota lo rappresenta nella tipica veste grigia dei guglielmiti, nonostante non sia mai stato monaco. Gli altri elementi che lo caratterizzano sono la calotta cranica in ferro, o corona penitenziale, il giacco, che si vede spuntare dalle maniche del saio, il bastone con il quale, secondo la tradizione, avrebbe ucciso il drago.

Agli anziani di Buriano, Guglielmo avrebbe svelato un segreto, custodito per sei secoli, tramandato di padre in figlio, finché non si estinse anche l'ultima delle quattro famiglie cui era stato affidato. Si hanno testimonianze che nei primi anni del Seicento era ancora vivo l'uso che il discendente di una di quelle famiglie venisse chiamato a benedire gli infermi usando la pianta indicata dal santo, l'agrimonia.


Prodotto da: Paolo Nardini e Federico Citerni
regia: Paolo Nardini
musica: canto liturgico popolare
Prima edizione 2008 - durata 15 min.
Primo premio CapalbioArt-La Parguera, Puerto Rico 2

 

Watch video on Vimeo at: http://www.vimeo.com/11146529

 

 

 

 

IL CARNEVALE MORTO DI MARRONETO
di Paolo Nardini

marro
Alla fine del periodo carnevalesco a Marroneto di Santa Fiora, in Piazza Padella, si svolge una rappresentazione di teatro popolare. Tutto il paese è coinvolto.
Durante una festa, una delle tante che costellano la vita dissoluta di Carnevale, come al solito sostenuta da Gaudiente, Carnevale mostra segni di malessere, finché stramazza a terra, morto. Intanto Quaresima avanza, minacciosa, brandendo il suo stoccafisso. Gaudiente è disperato per la morte del suo compare Carnevale, e si rivolge al dottore, per vedere di rianimarlo; ma il dottore, dopo avergli misurato la febbre (col metro da muratori), averlo osservato di sopra e di sotto, e avergli prescritto una buona dose di vino rosso) non può che decretarne la morte, e neanche le cure dell'avvenebte Infermiera hanno successo. Interviene il Prete per la benedizione (con aspersorio di coriandoli) e infine il Notaio che dà lettura del testamento. Poi la Compagnia dei gobbi intona il suo triste canto e infine il fantoccio che rappresenta Carnevale viene bruciato.