Canto popolare

CANTI POPOLARI IN MAREMMA

Questa sezione è a cura di Paolo Nardini
i testi sono di Corrado Barontini

Una volta, anche nelle più sperdute valli boscose della Maremma, si poteva sentire levarsi un canto solitario che, seguito da altre voci, diventava un coro; erano boscaioli, tagliatori e carbonai che rompevano la solitudine del luogo con la voce che nasceva da un animo onesto e fiducioso. Quel canto serviva anche a rendere più lieve il duro lavoro.

Nei campi di grano maturo, i mietitori, uomini e donne, scesi dalla montagna, cantavano con lena mietendo, facendo concorrenza all'insistente frinire delle cicale sugli alberi storditi dal sole.

Anche gli uliveti, durante la raccolta delle ulive, risuonavano dei canti delle raccoglitrici e allora la quiete si vestiva di gaiezza.

Ora negli uliveti va poca gente anziana e la quiete è spesso mortificata dall'urlo lacerante di qualche apparecchio a reazione. Non si sente neanche più il canto dei mietitori che è ormai sostituito dalle nuove voci delle mietitrebbie e dei trattori.

Nel presentare questa raccolta di canti popolari in Maremma, non abbiamo affatto avuto la pretesa di dare un lavoro completo o che in qualche modo potesse ritenersi come indagine conclusa, anzi, per quanto riguarda le ricerche fatte su questi canti, pensiamo che continuando a frugare nella memoria di gente anziana in particolare, si possa recuperare ancora del materiale interessante.

Il lavoro di ricerca dei canti popolari è affascinante ma non facile; richiede passione, pazienza e sacrificio, come in un lavoro di archeologia musicale. Inoltre, il territorio del Grossetano è vasto e vario anche dal punto di vista delle tradizioni.

Il materiale da noi recuperato, anche se in gran parte conosciuto in tutto il territorio della nostra provincia, è stato raccolto in particolare nel comune di Castiglione della Pescaia, qualcosa a Grosseto, a Magliano, e la più grossa parte nella valle dell'Albegna, cioè nei comuni di Scansano, Manciano e Roccalbegna.

Non si è ritenuto strettamente necessario ricercare luoghi di nascita (cosa del resto non facile) dei vari componimenti poiché riteniamo che ciò che più conta è il fatto che un canto sia stato recepito dall'anima popolare di una certa regione, entrato a far parte del patrimonio canoro della regione stessa, indipendentemente dal luogo d'origine, e passato al filtro del sentimento popolare per molte e molte generazioni. Abbiamo così tenuto conto di quelle canzoni che i non più giovani hanno imparato dai padri e dai nonni, cioè, roba che proviene dalle profondità di una storia senza acceleratore e senza cambiamenti di marcia importanti, almeno per quanto riguarda certe zone rimaste isolate come la nostra provincia, per tante cause avverse del passato.

In questa terra un tempo lontano vi era fiorita la affascinante civiltà etrusca, poi finito il tempo dell'Etruria felice, vi si erano abbattuti ogni sorta di mali per tutta una lenta e lunga catena di secoli che sembrava non dovessero finire mai. Le invasioni e i saccheggi per mare e per terra, il disordine fluviale e il conseguente imperversare della malaria, i banditi, la rapacità e la tirannia dei proprietari terrieri, più dannosi degli stessi banditi, erano tutte cose che avevano contribuito a fare di questa parte dell'Etruria Marittima una terra desolata e inospitale.

La popolazione della Maremma vivacchiava in gran parte nei paesi arroccati sulle colline e sulla montagna; delle civiltà degli antichi padri rimanevano le rovine delle grandi città e le tombe mute per un popolo che più non sapeva capirle; il flauto etrusco ormai taceva da tanto, gli dèi ironici erano sepolti sotto un grande ammassarsi di rovine morali e materiali; si viveva sotto una religione che non incoraggiava molto all'allegria: un inferno terreno insomma e con la sola prospettiva di un inferno eterno a causa della dannazione che poteva germogliare da una vita tanto tribolata.

I canti popolari attraverso il tempo prendono forma e si modellano secondo i sentimenti della popolazione e le situazioni in cui la popolazione stessa vive pur avendo matrici comuni a zone molto più vaste e a popolazioni diverse.

Essendo il passato della Maremma diverso da quello della Toscana interna, diverso è anche il canto popolare. Nel canto toscano molto spazio è occupato dal brio, da canzoni gioiose, mentre nel canto popolare maremmano ritroviamo in larga misura canzoni tristi, dolorose e struggenti come l'eco di un pianto lontano. Canzoni bellissime nel testo e nel tema musicale. Cantano il dolore, la sofferenza, la morte; a volte sembrano derivati da lamenti funebri, come quello della madre che piange il figlio morto: " la morte ti rapì / mentre chiamavi mamma…"

Si canta l'amore, l'amore onesto che non si vende e non si compra, come nel deciso diniego che la giovane ragazza dà alle proposte amorose del vecchio riccone; "Dichiarazione del vecchio", si canta l'amore perduto con rabbia e dolore, come nella stornellata "Fior di languore" o l'amore sospirato, bramato, che si ritrova nelle due belle composizioni "Mi sono messa a ricamarlo un cuore" e la "Canzone dei cancelli"; l'amore eterno sublimato, portato oltre la soglia della vita che non muore con la morte, come nella canzone "A testa bassa" e nell'altra "Non è la morte la fine dell'amore / anche le tombe son templi d'amor…"

Anche l'ottava rima, la classica metrica del Tasso e dell'Ariosto, ha avuto grande diffusione in tutta la Maremma e nel vicino viterbese fino ai nostri giorni dove, seppur in maniera ridotta, ne resiste ancora la tradizione.

L'ottava si compone di otto endecasillabi e i più perfetti sono quelli nei quali grava l'accento sulla quarta, sulla sesta e sulla decima sillaba; i primi sei versi sono a rima alternata, rimano un rigo sì e uno no, mentre gli ultimi due sono a rima baciata, rimano insieme.

Le ottave possono essere libere o legate; nel primo caso ogni ottava può incominciare con una propria rima, nel secondo caso l'ottava deve sempre iniziare il primo rigo nella rima finale dell'ottava precedente e questa ultima è la metrica insostituibile degli incontri tra poeti estemporanei.

L'ottava che è un componimento da cantarsi, ha un suo motivo il quale può variare un po' da un luogo all'altro ma mai in modo veramente sostanziale.

Fino a pochi anni fa le fiere di bestiame e merci varie avevano una grande importanza in Maremma; dal campo della fiera si elevava un immenso coro di muggiti, belati, ragli ecc. misto al vocìo dei venditori e al baccagliare di mercanti e sensali. C'erano anche i cantastorie che cantavano e vendevano le loro storie di solito ambientate su fatti di cronaca, tutte stampate su fogli di carta da poco, e con queste anche componimenti in ottava rima cantati, da due persone. Si trattava quasi sempre di contrasti tra cittadino e campagnolo, tra ricco e povero, tra padrone e contadino e così via, tutti conditi da una filosofica arguzia campagnola che faceva del povero sempre il vincitore del contrasto. I contadini, che nella vita reale avrebbero voluto vincere una buona volta nei confronti del padrone e del ricco, riconoscendosi nel simpatico personaggio, si accalcavano intorno ai cantastorie per ascoltare la disputa canora e per comprare il foglio da portarsi a casa.

Succedeva anche che davanti ad una delle improvvisate capanne di frasche dove si vendeva il vino, si incontrassero due poeti improvvisatori (naturalmente con i calli nelle mani) i quali, pregati dai conoscenti e incoraggiati da diversi bicchieri di buon vino, si mettevano a cantare contrastando tra loro improvvisando ottave su temi consigliati dai presenti, non di rado temi politici attuali. Allora si radunava intorno ai due una folla di ascoltatori in silenzio quasi religioso per esplodere in applausi e risate alle argute battute finali.

A volte (ma sempre più di rado) si organizzano nei centri minori incontri di poesia estemporanea, ma purtroppo i vecchi via via se ne vanno e i giovani sempre meno si dedicano a questo modo di poetare.

Le canzoni allegre, a volte satiriche e canzonatorie, sono certamente molto simpatiche. Ci sono diverse che satireggiano la figura del prete, il prete ministro di Dio in chiesa, ma uomo in carne ed ossa (anzi più in carne che in ossa) nella vita privata, il prete godereccio, ben pasciuto che se la intende con la serva e che non perde l'occasione di farsela con qualche bella parrocchiana. Comunque riteniamo di dover dire che le canzoni allegre sono a un livello inferiore rispetto a quelle tristi, sia per la parte poetica sia per il tema musicale. Si può dire che mentre le une sono belle le altre sono soltanto carine.

Gli stornelli, i rispetti, dispetti ecc., per la considerevole quantità del materiale, meriterebbero una pubblicazione a parte. Qui se ne sono inseriti alcuni a solo titolo indicativo. In quanto alle canzoni di protesta, sono comuni a quelle di tutta la Toscana , così anche le storie cantate che i cantastorie portavano nelle fiere dei paesi; tuttavia, queste ultime, arrivate in mano della popolazione, venivano cantate in Maremma, specialmente quelle a carattere tragico, con modulazioni più accorate rispetto alle esecuzioni che si ritrovano in altre parti della regione.

Noi non ci riteniamo molto esperti in materia storico musicale e siamo coscienti dei nostri limiti, ma abbiamo voluto fare ugualmente questa raccolta di canti per scrivere una pagina della Maremma canora come crediamo sia giusto fare per altre cose, non raccogliere dei fossili o oggetti da museo bensì riproporre una materia viva ed attuale; abbiamo inteso salvare una parte della nostra cultura tradizionale che rischiava di andarsene perduta per sempre scacciata da gli dèi e idoli urlatori dell'affarismo che la società del "compratutto" crea e adorna di specchietti per abbagliare la vista della gente e poterne vuotare le tasche e la testa a piacimento.

Del resto, sotto il continuo bombardamento pubblicitario e psicologico esercitato dalla società dei consumi, tutto si trasforma in merce da comprare già preparata e confezionata; questo vale anche per la musica. Così si tradisce la gente facendole dimenticare quella musica che da sempre era stata una parte importante della cultura popolare e voce e sentimento del popolo stesso.

I primi a cadere nella rete sono i giovani, che per fortuna sono anche i primi ad avere la forza di ribellarsi a cose non fatte a misura umana, ed è stato proprio nei giovani che abbiamo trovato i più appassionati collaboratori per far rivivere le nostre belle canzoni popolari.

Grande protagonista della nostra iniziativa è stato il Maggio, il Maggio cantato come serenata, come inno alla primavera, alla bellezza della natura che torna a rivivere in tutto il suo magico splendore. Quando l'antica tradizione dei canti popolari sembrava dovesse ammutolire per sempre, sotto lo strepitio incessante dell'industria canzonettistica con tutti i suoi idoli artefatti, il Maggio è stato l'anello di congiunzione con il passato che non si è rotto mai.

Nelle campagne e nei piccoli centri del territorio maremmano tutti gli anni nella notte tra il trenta aprile e il primo maggio si è sempre sentito, più o meno, levarsi il canto dei maggiaioli: gruppi composti quasi sempre da uomini anziani e da giovani accomunati tutti dalla stessa passione.

E anche quando il fascismo voleva tingere di nero questa antichissima tradizione, pretendendo che al posto del Maggio si cantasse il 21 d'aprile, il Natale di Roma, fu un fiasco come pretendere che da un ulivo nascessero le cipolle.

Morbello Vergari - 1975